Quando si parla di rapporto lavorativo subordinato, sia che il datore di lavoro sia un soggetto privato oppure faccia parte della Pubblica Amministrazione, assumono grande rilevanza le cosiddette mansioni, per cui il lavoratore gode sia di obblighi ma anche di diritti per la loro corretta esecuzione.
Questo aspetto è fondamentale ed è riportato anche all’interno dello Statuto dei Lavoratori, in cui viene espressamente detto che il lavoratore deve essere messo nelle condizioni di svolgere la mansione per cui è stato inquadrato e assunto, oppure svolgere mansioni di livello superiore, se di fatto è stato qualificato a poterle condurre.
Per quanto riguarda, invece, lavoratori nella Pubblica Amministrazione, l’incipit è lo stesso, con l’unica differenza che il lavoratore può e ha il diritto di svolgere mansioni superiori al livello del precedente inquadramento a fronte di procedure selettive (concorsi, bandi, premi…). Quando questi schemi vengono meno si parla di demansionamento del lavoratore. Ma vediamo nello specifico di cosa si tratta.
Che cos’è il demansionamento?
Il cambiamento delle mansioni può avvenire solitamente in due modi: con uno scatto verso l’alto, ossia un’attribuzione di mansioni di livello superiore, per cui il lavoratore è stato designato e a cui dovrà sempre corrispondere una ricompensa commisurata al livello del lavoro svolto, oppure con uno scatto verso il basso, cioè un’attribuzione di mansioni di livello addirittura inferiore a quelle per cui il lavoratore era stato precedentemente assunto. In questo caso, si può parlare di vera e propria violazione dei dritti al lavoro e, più precisamente, di “demansionamento del lavoratore”.
Il demansionamento, dunque, fa riferimento ad una scorretta condotta del datore di lavoro che demansiona, appunto, il lavoratore, facendogli svolgere un lavoro non consono al suo inquadramento e riservandogli un compenso inferiore rispetto a quanto pattuito al momento della sua assunzione.
Questa dequalificazione delle mansioni corrisponde, di fatto, a un impoverimento delle capacità professionali del lavoratore e potrebbe portare a situazioni ben più gravi che finisco per impattare negativamente sulla persona, sul suo umore e sulla sua salute psicofisica, come un elevato livello di stress, depressione, paura, una non motivazione generale che potrebbe rientrare in un ambito ben più delicato, quello del mobbing sul posto di lavoro.
Danni da demansionamento
Come previsto dalla legge, per i lavoratori che si trovano a subire un demansionamento ingiustificato, è possibile agire per vie giudiziarie per richiedere un adeguato risarcimento dei danni subiti. A tal proposito, la legge distingue due tipologie di danni, quelli di natura patrimoniale e quelli di natura non patrimoniale.
Il primo fa riferimento all’impoverimento professionale del lavoratore, già accennato precedentemente, il quale subisce la mancanza di specializzarsi oltre nelle proprie mansioni, di acquisire maggiore abilità e conoscenza del proprio lavoro, nonché la mancanza ulteriore di percepire uno stipendio adeguato, che potrebbe crescere con l’attivarsi di mansioni di livello superiore. Da considerarsi in sede giudiziaria, saranno quindi la durata del periodo di dequalificazione, l’intensità, la professionalità e l’esperienza che il lavoratore ha acquisito dai compiti commissionati.
I danni non patrimoniali, invece, riguardano tutti gli aspetti legati alla persona, dalla sua identità professionale, alla vita relazionale fuori e dentro il posto di lavoro, che combacia con il totale diritto del lavoratore di condurre le proprie mansioni nella piena libertà e soddisfazione della sua personalità (come specificato anche negli articoli 1 e 2 della Costituzione).
Naturalmente, il lavoratore che chiede un risarcimento per i danni da demansionamento deve provare al Giudice diverse considerazioni, tra cui l’effettiva esistenza del demansionamento e la sua natura ingiustificata, l’esistenza del danno subito e il nesso di casualità, ossia il collegamento che c’è tra la dequalifica e uno specifico disturbo che la persona può aver conseguito in seguito al forte stress (un esempio,nel caso di danni non patrimoniali).
Demansionamento nei rapporti di lavoro alle dipendenze di un privato
Il “demansionamento legittimo” è previsto nel momento in cui il datore di lavoro adibisce il suo dipendente a svolgere mansioni inferiori per le motivazioni riportate del Decreto legislativo n. 81/2015, ossia:
- per una modifica degli assetti aziendali che vanno a incidere per forza di cose sulla posizione del lavoratore;
- nel caso di previsione nel contratto collettivo che viene applicato al rapporto di lavoro;
- nel caso di un accordo stipulato tra datore di lavoro e dipendente che prevede la modifica delle mansioni rispondendo all’interesse del dipendente di mantenere il lavoro, o nel caso di assegnazioni di compiti di livello superiore, per una maggiore acquisizione di capacità e un miglioramento dello stile di vita
Ci sono, poi, altri casi ancora più specifici, in cui il demansionamento è da considerarsi illegittimo, come un licenziamento collettivo per accordo sindacale, oppure una lavoratrice in periodo di gestazione (demansionamento per preservarne la salute), oppure ancora per una necessità improvvisa che rende il lavoratore inadatto a svolgere le mansioni per cui gli era stato sottoscritto il contratto.
Al di fuori di queste motivazioni, il “demansionamento è illegittimo”.
Demansionamento nei rapporti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni
Per quanto riguarda impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni, quando le mansioni vengono modificate, in sede giuridica si andrà a guardare unicamente il criterio oggettivo, ossia la rispondenza delle nuove mansioni del lavoratore con quelle contrattuali iniziali.
Il datore di lavoro, quindi, può effettivamente modificare le mansioni del dipendente a patto però, che le nuove mansioni risultino equivalenti a quelle per cui il lavoratore è stato precedentemente inquadrato e selezionato, indipendentemente dalla professionalità specifica che può o non può aver acquisito in un momento precedente lavorando nella Pubblica Amministrazione.
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